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Commentario osteopatico: la Lingua e i Dialetti

Quando entriamo in contatto con un collega sorge sempre il dubbio se capisca ciò che gli stiamo raccontando, se capisca cioè il nostro linguaggio, le nostre espressioni terminologiche.

Se questo può essere meglio evidente, quasi normale si potrebbe affermare, quando si colloqui di un paziente con un medico “non ostoepata” lo trovo disarmante quando ci si trovi in ambiti congressuali a parlare con altri osteopati.

Qui ci accorgiamo che oltre ad una “lingua” comune vi sono “dialetti”.

Questo fatto ci mette in situazioni difficili da risolvere perchè se è vero che A.T. Still ha impostato il suo orientamento clinico e terapeutico su termini poi diffusi come una vera e propria lingua formata e strutturata, dove ad un termine corrispondeva un solo oggetto, è altrettanto vero che con il passare del tempo la lingua parlata dagli osteopati si è trasformata in una serie di dialetti.

Fin qui nulla di grave perchè ognuno ha una propria modalità di esprimere i concetti ostoepatici…peccato che quando un dialetto vuol diventare lingua è verosimile che dotandosi di una propria semantica, la quale differenzi un dialetto dall’altro, anche il termine “lingua” perde il suo valore, il suo significato universale. Troverei estremamente difficile cercare di uniformare un linguaggio dove il significato delle parole differisce in base all’interpretazione di chi le comprende o tenta di farlo rispetto a chi le dice.

Girando per varie scuole di osteopatia ho notato questo elemento, del quale peraltro non si accorgono i docenti, tutor, assistenti e operatori che operano all’interno delle scuole e tantomeno gli studenti che imparano il linguaggio e soprattutto il metalinguaggio dai loro docenti (che virgolettano e parentesizzano concetti della lingua medica per definirne un corrispettivo significato osteopatico).

Questo purtroppo lo trovo sbagliato anche se inevitabile. Daltronde fintanto che si differenziano gli ambiti di interesse, oltre che di “puntualizzato focus argomentativo”, tra noi e gli altri (come si preferisce scrivere “NOI osteopati” e “ALTRI medici”) non risulterà così semplice trovare punti di confronto non avendo linguaggio comune.

In ambito medico infatti è il linguaggio comune ad avere forza perché struttura e definisce gli ambiti, difendendo i confini della materia medica. L’osteopatia pertanto dovrebbe ritornare ad osservare il mondo all’esterno ed adeguarsi senza snaturarsi ma modernizzandosi. Esprimo un mio personale concetto che già ho in altre occasioni, sia nel blog che in discussioni o forum osteopatici, affermato: se A.T.Still fosse ora presente ci guarderebbe come a degli strani personaggi, tesi a conservare ciò che lui ha detto e teorizzato ma molte volte senza quella propulsiva fiamma di ingenio e volontà di crescere e confrontarsi. Lo so che non ne ho le prove ma per come era vitale e dinamico Still nell’affrontare le situazioni statiche non vedrebbe certamente di buon’occhio la nostra visione statica e piena di formalismi concettuali.

Pensiamo solo ai lavori che si trovano pubblicati sulle più auterevoli riviste scientifiche osteopatiche…beh i più dinamici siamo sicuramente noi europei (anche Renzo Molinari disse che l’europa e l’Italia sono i luoghi dove l’osteopatia è meglio rappresentata). Personalmente sono molto critico nei confronti del concetto di reliability che trova spazio in alcuni lavori dove però la metodologia in alcuni casi sembra scorretta e in altri superflua.

<< siamo sempre portati a doverci scusare e giustificare con l’ambito scientifico se facciamo questo o quello>> e ci dimentichiamo che anatomia, fisiologia, biochimica sono il “treppiede” comune tra noi e la medicina “ufficiale” che di reliability non ne ha mai neanche parlato!

Oscilliamo sempre tra due estremi: timida giustificazione o presunzione aggressiva. E si che siamo osteopati alla ricerca dell’allostasi perfetta 🙂 .

Vi do un esempio per tutti: parlando da ecografista e fautore della “reliability ecografica” (F.U.S.A.E. per me ne è un validissimo esempio) non ho mai visto eseguire una palpazione addominale sotto controllo ecografico in clinica medica o chirurgica durante gli anni passati tra le mura degli ospedali  o degli ambulatori dalla metà degli anni ’80, avendo avuto peraltro la grande fortuna di frequentare in un Polo Didattico sperimentale dove le lezioni erano interdisciplinari tra medicina interna, chirurgia, anatomia patologica … (n.d.r. H.S.Paolo – Milano Dir. Didattico Prof. Coggi).

Sarebbe perfetto trovare un metodo comune dove i dialetti potessero unirsi nel formare un linguaggio utile alla diffusione dell’osteopatia nei suoi concetti più trasversali e concretamente condivisibili.

Me lo auguro sempre più spesso e sono sicuro di non sbagliare nel farlo

A presto

DBo

firma davide