, ,

Considerazioni Osteopatiche in libertà / p. 1

Alcune settimane fa nel cercare articoli di recente e non recente pubblicazione riguardanti il low back pain (n.d.r. ammetto che il mio particolare interesse per il LBP è legato alle correlazioni viscerali renali che abbiamo trovato, verificato, studiato e in seguito pubblicato io con Paolo Tozzi e per vedere quali sono le “new clinical directions”) mi sono imbattuto in un articolo, pubblicato nel Maggio scorso sul JAOA, dal titolo “EFFICACY OF OSTEOPATHIC MANIPULATIVE TREATMENT FOR LOW BACK PAIN IN EUHYDRATED AND HYPOHYDRATED CONDITIONS: A RANDOMIZED CROSSOVER TRIAL”, dove veniva valutata, in modo curioso, l’efficacia del trattamento manipolativo osteopatico (OMT) nel dolore lombare basso. Il dolore lombare è uno degli elementi più valutati per il fatto che l’85% di tutti gli individui ne sono affetti, in particolare dalla variante nota come LBP (Low Back Pain), che definisce la Lombalgia (da non confondere con la Lombo-sciatalgia o Sciatalgia). Questa pubblicazione ha attirato la mia attenzione per la corrispondenza che talvolta mi capita di verificare clinicamente tra la risoluzione di “lombalgie” lievi e moderate attraverso la assunzione di abbondanti quantità d’acqua, la cosiddetta “idropinoterapia”…è quindi curioso trovarsi di fronte a una pubblicazione che  combina l’idratazione con OMT…ma ben vengano le associazioni. Cosí si stimolano le discussioni che altrimenti si esaurirebbero all’interno di un gruppo senza la multidisciplinarietà e lacomplementarietà che è la forza delle discipline “figlie” e “sorelle” dell’Osteopatia.

Anche altri  lavori, più o meno attuali, hanno valutato l’associazione con procedure od elementi complementari che, associati alla OMT, potessero modificare i risultati nel senso di una diminuzione della percentuale di insuccessi.

Per esempio una revisione delle medicine Alternative e Complementari “Survey Results: OMT and CAM” (J Am Osteopath Assoc. 2009 Jul;109(7):346-7) o anche “Effectiveness of Osteopathy in the Cranial Field and Myofascial Release Versus Acupuncture as Complementary Treatment for Children With Spastic Cerebral Palsy: A Pilot Study” (J Am Osteopath Assoc. 2008 Oct;108(10):559-70) confortano il dato.

Tra le altre associazioni riportate in letteratura possiamo citare anche quella con lo Yoga pubblicato sul JBMT di Leon Chaitow nel gennaio 2011 (Osteopaty and hatha yoga) di cui riporto l’abstract a pié dell’articolo **

Vorrei ora, dopo queste premesse e a tale proposito, condividere il mio pensiero su questo ricorrente  “elemento” concettuale: associazione

Da quando ho iniziato a praticare come osteopata ho avuto sempre una sensazione mista di grande compiutezza ma, di contro, anche di carenza. Se da un lato infatti coglievo la possibilità di ottenere risultati talvolta eccezionali in situazioni che non avevano avuto completo beneficio dalle tecniche più note ed accreditate, dall’altro accusavo il senso di frustrazione quando i risultati non si verificavano (incredibilmente piú nei casi considerati semplici a priori…ma questo aspetto meriterebbe un post a parte) e di conseguenza la necessità, non solo mia ovviamente, di colmare il vuoto attraverso l’associazione con procedure adiuvanti.

Ho pertanto maturato con il tempo il seguente personale pensiero: Considerare l’Osteopatia come una Medicina a sé stante ci porta talvolta a volerne ampliare i margini e i territori di intervento, oltrepassando ciò che è nella sua specificità l’ambito funzionale. Se consideriamo l’Osteopatia come una scelta terapeutica complementare, pertanto associabile ad altre procedure pur partendo da fondamenti filosofici differenti, questa deve raggiungere assieme alle altre medicine l’obiettivo comune che risiede nella salute dei pazienti.

L’associazione dell’OMT con altre procedure dovrebbe essere considerato perciò non un obiettivo semmai un tramite per raggiungere lo scopo sopra citato.

Quando il Dr. Still compì l’opera di strutturare e regolamentare l’osteopatia era non solo un medico in rottura con il suo tempo ma soprattutto un pioniere, secoli avanti rispetto a quanto la medicina ufficiale spiegava nei concetti di malattia e salute, benessere e malessere, concetti di cui ancora oggi si parla e con i quali si fa spesso confusione. Il suo essere avanti rispetto ai suoi contemporanei lo esponeva a critiche ma lo rendeva anche libero di potersi occupare di ciò che nessuno aveva tra i propri obiettivi:

1. la centralità dell’uomo, una visione olistica primordiale sicuramente strana per un medico dell’occidente (unità di corpo, mente e spirito)

2. il matrimonio concettuale e filosofico con il pragmatismo americano (Pierce)

Senza correre il rischio di essere definito blasfemo considero personalmente A.T. Still talmente avanti che se fosse ancora presente, pur noto per la sua personalità forte e determinata, oggi avrebbe certamente superato alcune delle attuali convinzioni che vedono l’osteopatia, o che la vogliono, ferma e statica: forse trovando un punto di equilibrio tra le varie medicine perché i radicalismi non soltanto non portano da alcuna parte ma sicuramente non ci fanno crescere.

Filosoficamente e concettualmente ciò che è anti-dogmatico corre il rischio di diventarlo…il combattere strenuamente contro una teoria/disciplina/credenza ci porta inevitabilmente a crearne un’altra ancora più chiusa e rigida.

Un giorno durante una simulazione di  “pratica clinica” in classe mi trovai a discutere animatamente con l’insegnante di allora, affermando che ciò che piú amavo dell’osteopatia era la  libertà che concedeva nello scegliere la strada nell’approccio e le modalità di test e tecnica. Venivo da un mondo rigido (ndr la chirurgia!!) e cercavo una reale alternativa che fosse piú congeniale al mio modo di vedere e che lo fosse con il paziente. A tale proposito, qualche tempo dopo,  con i miei compagni di lavoro e di scambio Alessandro Fugazza (DO) e Emilio Maggi (DO) iniziammo a lavorare nel creare correlazioni tra i motivi di consulto osteopatico e le biomorfologie, le biotipologie della medicina ippocratica (sanguigno, bilioso, nervoso, linfatico)…trovando interessante e complementare l’ottenimento di una “lettura” puntuale dei pazienti (ndr altro grande elemento ben più importante della applicazione di grandiose tecniche!!).

In questo brevi note di osteopatia ho voluto riportare e condividere gli elementi di questa “mutazione”, di questo cambio di rotta, per evitare di finire naufrago sulla spiaggia dei dimenticati. Sono fortemente convinto che non lo saró ne io ne tutti quelli che lavorano per portare l’osteopatia negli altri ambiti, quelli piú difficili ed ostili…ambiti dove si trovano gli ignoranti per scelta e gli ostili per vocazione.

Queste che seguono avrebbero dovuto essere la prefazione ad un manuale di osteopatia (un breviario a la Proust ?! ) per una versione scritta, arricchita e meglio strutturata di quello che è stato il Corso di Osteopatia Strutturale del Rachide, Torace e Coste, da me tenuto presso la ATSAI (A. T. Still Academy Italia) negli anni 2007-2012.

Perchè pubblicarlo nel blog? forse perchè mi sembrava un peccato non aggiungere qualcosa di personale a quanto è stato da me tentato di spiegare, sia in teoria che in pratica, dopo anni di studio, insegnamento e di pratica osteopatica.

Ho voluto seguire tracce già da altri indicate, non potendo inventare nulla di nuovo (“una rosa è una rosa”) ma migliorando e esemplificando vecchi concetti e intuizioni personali.

e di questo sono felice (…questa in fondo mi sembra cosa di non poco conto)

Ringrazio pubblicamente quanti hanno voluto premiare la mia tenacia e la pazienza di coloro che si sono consumati ascoltandomi 🙂

<<Non solo l’osteopatia ma molte medicine cosiddette non-convenzionali (ad es. medicina steineriana presentatami da una collega con cui lavoravo nel 2003-2004) ritengono “centrale” il ruolo di supporto dinamico del rachide. L’alternanza delle note curve fisiologiche, comprendendo anche la forma convessa posteriormente dell’occipite e del sacro, vedono un alternarsi di superfici convesse e concave che, quando l’equilibrio le mantiene, si completano nel ruolo di ammortizzatori verticali disponendosi a formare diaframmi paralleli al terreno. Questi diaframmi si localizzano nel punto di transito delle curve rachidee e sono definibili, elencandole in direzione cranio-caudale, come d. occipito-atlantoideo, d. cervico-dorsale o toracico superiore, d. dorso-lombare o toracico inferiore e d. addomino-pelvico. Il passaggio lombo-sacrale è differente per la fusione delle vertebre sacrali in una unica struttura: il sacro. Questo, articolato con il coccige regge la dinamica del diaframma pelvico attraverso fasci e muscoli che governano il diaframma pubo-coccigeo (mio-fasciale).

Anche l’alternanza dei “volumi” ha risvegliato la mia curiosità: volumi chiusi e volumi aperti, difesi e indifesi, partendo dal cranio (C0) poi passando al tratto cervicale, dorsale (nel torace assieme a coste e sterno), poi lombare e infine sacro (nel bacino assieme ad ali iliache e pube).

Le vertebre, da C0 a S/Co, presentano orientamento spaziale e forma che si differenziano in base al loro ruolo prevalente: che sia di mobilizzazione o di sostegno.

Le articolazioni tra le singole vertebre identificano, tramite il loro orientamento, queste due funzioni.

Logica ci appare la variabilità di queste in relazione alla fisiologia delle curve: un piano frontale stabilizza antero-posteriormente ma consente un dinamico movimento di inclinazione laterale; così come un piano orizzontale stabilizza e regola i movimenti rotazionali ma limita gli scivolamenti anteriori e posteriori; in ultimo un piano sagittale limita le inclinazioni laterali ma permette una maggiore mobilità antero-posteriore.

La forma delle vertebre segue bene il concetto stilliano di forma e funzione. Vertebre massicce nel corpo e nell’arco posteriore per ben sopportare il carico e vertebre più esili per rendere più ampi i movimenti. Dobbiamo anche considerare che questo non dipende dalla postura eretta, almeno non solo da quella. Se si osserva lo scheletro di un quadrupede questa progressiva diminuzione di volume e maggior finezza delle forme progredendo caudo-craniali è ben evidente. Avete mai osservato lo scheletro dei grandi mammiferi o dei dinosauri nei musei?

“Pietra dello scandalo” per alcuni ma pietra angolare, per altri, nella costruzione di un modello sono gli studi a cui ho fatto riferimento: i classici rilievi scientifici operati da Fryette nel suo libro “Principi della Tecnica Osteopatica” (Fut.Ed.)>> (…grazie alla collega osteopata Barlafante della Scuola di Pescara che ne ha curato la prefazione).

<<Perché Fryette? Perché da qui si può e deve partire rendendo merito a lui per avere legiferato (non nel senso giurisprudenziale!)  e regolamentato i movimenti delle vertebre. Troppo semplice? Superato? Beh provate a trovare una alternativa a Pitagora, che sia altrettanto semplice, nello studio dei triangoli!

L’Approccio globale: questo principio porta a concepire il rachide non solo come una struttura portante ma come un punto di arrivo e partenza, uno snodo di scarico e di recupero di informazioni che si integrano tra loro. Il trattamento strutturale, inteso in senso ampio per le tecniche utilizzate, non ha però ripercussioni solo ed esclusivamente biomeccaniche, poiché non si può prescindere dalla correlazione tra disfunzioni delle strutture proprie del rachide e quelle delle altre strutture che con questo hanno intimi rapporti: fasce endorachidee; fasce e visceri cervicali, toracici, addominali e pelvici; sistemi neurovegativi orto- e para-simpatici.

Quando il tratto lombare si mantiene in condizioni di neutralità, con appoggio sul disco, le vertebre cercheranno continuamente l’adattamento alla loro posizione di “galleggiamento”. Come un equilibrista su di una sfera continuerà a cercare il punto di equilibrio per mantenersi orizzontale rispetto al piano di normalità. Se questo fosse inclinato verrebbe da lui visto e interpretato in funzione delle linee di forza che lo tengono spinto verso il piano d’appoggio ma anche alla gravità. È la gravità che lo sostiene, come Archimede aveva interpretato e poi tradotto in legge fisica. Quindi la neutralità avviene per appoggio discale. Ma ne siamo sicuri? O almeno … siamo certi che sia solo il disco a reggere il tutto? Forse conviene approcciarci da un punto di vista filologico. Da quando ci siamo “eretti” abbiamo dovuto vincere tutta una serie di problemi legati alla tendenza a “cadere”. Questa caduta viene sempre controbilanciata dal mantenimento di un tono muscolare che, sfruttando gli agganci e le relazioni con le strutture osteo-articolari, consente di mantenerci all’inpiedi.>>

E allora godiamoci Bolt, Blake e tutti gli altri olimpionici che ci insegnano, divertendoci, come il movimento possa arrivare cosí in alto.

…tutto il resto è storia già scritta e vissuta ma ve n’é molta altra  ancora da scrivere e vivere

DB

** J Bodyw Mov Ther. 2011 Jan;15(1):92-102. Epub 2009 Dec 17.

Osteopathy and (hatha) yoga – Liem T.

Source

Osteopathie Schule Deutschland, Institute of Integrative Morphology, Frahmredder 16, 22393 Hamburg, Germany. tliem@osteopathie-schule.de

Abstract

Differences and points of contact between osteopathy and yoga as regards their history and practical application are outlined. Both seek to promote healing. Yoga seeks the attainment of consciousness; osteopathy aims for providing support to health. One fundamental difference is the personal involvement of the individual in yoga. Teacher and student alike are challenged to re-examine the attitudes of mind they have adopted toward their lives. Osteopathy generally involves a relatively passive patient while the osteopath is active in providing treatment. Practical examples are used to highlight points of contact between yoga and osteopathy. The text includes a discussion of the importance of physicality and a description of ways of using it in healing processes. Furthermore, processes of attaining consciousness are outlined. Possible reductionist misconceptions in yoga and osteopathy are also pointed out. Fundamental attitudes and focus that complement each other are presented, taking the concept of stillness as a particular example.

Copyright © 2009 Elsevier Ltd. All rights reserved.