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Considerazioni osteopatiche in libertà: la FUSionÆ possibile

Buongiorno a tutti Voi,

sono trascorse alcune settimane dall’ultimo post e mi sono chiesto perché.

Non ho più argomenti?

Forse non sono più così innamorato di questo bloggare osteopatico? Mi sono pertanto sforzato di cercare delle risposte.

Tra gli ultimi argomenti trattati alcuni in particolare mi hanno impegnato molto dal punto di vista intellettuale ed anche emotivo…mi sono chiesto se fosse stata presunzione la mia. Che la valutazione ecotopografica dinamica anatomica e i punti di repere fosse troppo critica??

Quello che ho descritto con FUSÆ aveva un obiettivo “rimettere al vostro giudizio alcune nozioni di osteopatia viscerale che non trovano corrispondenza con l’anatomia reale”

e cosa è successo?…

…il silenzio!

Le esperienze avute dal 2002 ad oggi mi permettono di porre l’accento su un carattere che purtroppo ho riscontrato più spesso tra i colleghi di altre specialità, in particolare di quanti rifiutano di confrontarsi con l’obiettività.

Chi conosce me, conosce il mio lavoro di questi ultimi 10 anni, conosce il mio punto di vista sui protocolli, sui concetti di medicina basata sull’evidenza e sulla sua applicabilità all’osteopatia e conosce anche come sia difficile trovare un modo perché un concetto , non una completa interpretazione filosofica, possa essere accettato.

Recentemente è  accaduto un evento che mi ha colpito. Uno studente prossimo al diploma in osteopatia, volendo impostare una revisione della letteratura “osteopatica viscerale”  sui reperi viscerali secondo un modello anatomico “ecotopografico”, ha avuto problemi nel far comprendere come alcuni reperi viscerali avrebbero meritato una revisione critica.

In un epoca dove la velocità dell’evoluzione tecnologica crea continue nuove regole accade che talvolta si abbia la difficoltà, quasi per un atteggiamento “vintage”, ad accettare che le basi e i principali concetti debbano essere rivisti.

L’ultima vera rivoluzione è stata quella galileiana e qui poi non si tratta di questo ma semplicemente di riferirsi ad una anatomia topografica, chirurgica, radiologica ed ecografica. Affermare che i punti palpatori dell’osteopatia viscerale fanno riferimento all’anatomia deve poi farci ricordare che l’anatomia, se considerata scienza esatta, deve essere confrontabile e ripetibile.

Confrontabile e ripetibile e questo è quello che è accaduto ancora ieri nel corso del secondo incontro (conclusivo?) con alcuni degli osteopati della S.O.A. (Suedtirol-Osteopathy-Alto Adige), per l’oggettivazione ecografica valutata in un meraviglioso workshop dove ho invitato i colleghi a lavorare a coppia secondo le loro modalità e indicazioni osservando le modificazioni pre- post-trattamento di alcuni organi o strutture scelte come target: reni (dx e sin), vene giugulari, esofago cervicale e vene dell’inlet inguino-femorale. Incredibile l’entusiasmo e l’atmosfera che si è creata.

Un esempio su tutti la differenziazione tra mobilità o restrizione di mobilità anteriore (rene/fegato) e posteriore (rene/psoas). Un “paziente” ha avuto incrementi di mobilità viscero-viscerale con le tecniche viscerali (2 tempi di applicazione delle tecniche con step di valutazione intermedia), ma la restrizione di mobilità viscere/struttura si è normalizzata solo dopo aver interagito direttamente sulla struttura. Chiaramente stiamo parlando di modificazioni istantanee riaffermando, come già da me detto in varie occasioni sul blog o in ambiti piú tipicamente didattici, che  le tecniche viscerali introducono, piú di altre, l’onda lunga delle risposte neurovegetative e occorre piú tempo per ottenere lo stesso risultato (!)…in taluni casi piú duratura perchè non solo meccanica.

La conoscenza dei punti di reperi anatomici è la vera responsabile dell’efficacia terapeutica per quello che comprende visualizzazione ed intenzione, entrambi molte volte ritenuti il “lato oscuro” dell’osteopatia.

La diffusione delle conoscenze anatomiche, valutate e identificate in tempo reale con la tecnica F.U.S.A.E., consentono di rendere uniforme e confrontabile l’esperienza semeiologica tra osteopati e medici negli ambiti di diagnosi differenziale che talvolta a noi osteopati manca, a mio parere, per una troppo semplicistica e talvolta errata identificazione di organo/quadrante, la mappatura palpatoria. Questo è stato il feed-back dell’incontro con alcuni colleghi del Trentino, del workshop in alto-Adige e anche, non ultimo, quello dei “somatici” studenti della SOMA di Milano che ho portato al limite della sopportazione il 1* marzo scorso (…non è ancora finita 😉 )

…work in progress? “la spalla che suona”

A presto

DB