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La conferma necessaria del Cyrano Osteopatico

In una recente conversazione avuta con un caro amico e collega osteopata ci siamo scambiati pareri sulla reale necessità di (ri)confermare strumentalmente l’esistenza concreta delle nostre supposizioni palpatorie delle disfunzioni: quello che sento c’è?

Come sempre accade alla fine di queste dissertazioni che si pongono al confine tra “fisica e filosofia” abbiamo finito per dirci che una cosa è il tentativo di oggettivazione altra cosa è la reale evidenza di questa! attenzione a poter evidenziare ciò che si vede e non vedere a tutti i costi ciò che si vuole cercare !!  Faremmo il gioco dei falsi positivi e del falsi negativi a cui è meglio contrapporre il vero negativo o positivo che sia: la necessaria verità di quello che si sta facendo ed ottenendo.

Essendo io, per scelta e vocazione, uno dei soggetti coinvolti nell’oggettivazione delle tecniche osteopatiche, con l’indagine ecografica, ritorno molto volentieri sull’argomento condividendo ancora una volta i miei pensieri a tale proposito.

La necessità di oggettivazione è tale e tanta che talvolta ci fa dimenticare persino che sino a pochi decenni fa non si potevano fare diagnosi con le metodiche di indagine per immagini, alcune neppure note, ora talmente disponibili da essere quasi venute a noia 🙂 (vuoi negare una TC, una RMN, una ECO 🙂 ). Tutto si è evoluto e ampliato e le oggettivazioni sono già disponibili solo che non si sa come spiegarle o vederle*, questo non solo lo penso ma ne sono assolutamente convinto.

Purtroppo si pensa che siccome l’ecografia è una metodica non invasiva sia semplice il suo utilizzo, talmente semplice da permettere di “vedere” tutto…ogni cosa anche più piccola … basta poggiare la sonda ed ecco che come per magia si vedono cose che confermano la nostra abilità di osteopati o terapeuti manuali: vedere, guardare e osservare non sono però sinonimi.

Ahimè, come ogni cosa deve essere cercata e identificata, studiando a fondo il movimento e le sue, talvolta impercettibili, modificazioni. Talvolta non si vedrà nulla perchè non vi è nulla di diverso ne prima ne dopo il trattamento ostoepatico…quindi? quindi significa che si dovrà tenere conto che non tutto quello che otteniamo come risposta del paziente può essere oggettivato almeno con le metodiche attuali.

Altro problema dell’oggettivazione sono i parametri quantitativi e qualitativi (rif. lavoro su correlazione tra LBP e scivolamenti renali). Gli attuali device ecografici hanno limiti di calcolo quantitativo per alcuni parametri (ad esempio lo scivolamento parallelo tra strutture: fascia sovrapposta a fascia). Sono convinto che le tecniche perà ci sono ma si tratta di spingere le aziende a svilupparle, portandole dalla ricerca pura alla disponibilità diagnostica.

Diagnosi e cura sono due indissolubili elementi; non avrebbero senso l’uno senza l’altro e per noi osteopati il lavoro si fa duro perché dobbiamo lavorare su più livelli  avere dati statistici sempre più stabili sui nostri risultati terapeutici e sula dimostrazione che quello che diciamo non sembra ma “è”.

Persino gli strumenti diagnostici più sofisticati possono essere “ciechi” e non evidenziare una correlazione tra sintomo e struttura. Il cervello è sempre il miglior device se ben istruito.
Ma non ci ricordiamo che anche in medicina, che abbonda di serissimi e comprovati esami strumentali nonché di esami ottenuti da strumenti di laboratorio che mostrano anche le più piccole modificazioni molecolari, vi è l’inspiegabile? ( i termini più usati sono “criptogenetico”, “essenziale”, “idiopatico” e “primitivo”) Perché l’oggettività clinica  di un paziente e la sua soggettività (sintomi clinici) possono in medicina essere concepiti come non correlati mentre in osteopatia no? Perché in osteopatia non esiste: C2 in ERSdx criptogenetica? 🙂 così saremo molto più felici e meno frustrati.

Qui subentra il problema del concetto e della filosofia osteopatica e da dove essa provenga. L’affermare che provenga dalla medicina ufficiale impone doveroso e necessario, perchè è da lì che proviene e matura, il concetto quasi eversivo di: trovare il punto di transizione tra malattia e guarigione, senza perdersi nel labirinto della ricerca delle cause dimenticandosi che in quel momento, in quel preciso istante, il paziente ci sta chiedendo di r.i.s.o.l.v.e.r.e. il suo problema…”farlo passare”.

Quindi a chi serve “la conferma” strumentale? a chi è necessaria? perchè lo è o sarebbe?

Gli esami diagnostici sono strumenti che si utilizzano per formulare una diagnosi partendo da una ipotesi e, avutane conferma, procedere al trattamento più consono e più risolutivo. Quindi aggiungono dati oggettivi ad un sospetto diagnostico per indirizzare ad un trattamento mirato e risolutivo.

Ad esempio un paziente giunge per dolenzia al fianco destro…a questo punto si devono correlare dati clinici (esame obiettivo) con dati anamnestici (storia clinica pregressa, remota o prossima) e con i rilievi ottenuti dagli esami diagnostici (es. di laboratorio, esami strumentali ecc.).

Andando per ordine dobbiamo anzitutto visualizzare quello che in quella specifica area si trova anatomicamente e distinguendo le varie strutture per organi e apparati. Il “trucco” è quello di partire dall’esterno per poi proseguire nella visualizzazione mentale di ciò che è progressivamente vieppiù profondo.

Fatto questo dobbiamo avere in mente le correlazioni tra sintomi riferiti e probabilità che questi appartengano ad un organo piuttosto che ad un altro:

Parete toraco-addominale: fasce, muscoli, rilievi costo-condro-sternali

Organi viscerali: fegato, cistifellea, rene destro, colon e flessura destra

Aree di proiezione: duodeno, pancreas, rene, angolo colico

Ora si deve analizzare dettagliatamente la relazione tra clinica e palpazione

Con F.U.S.A.E. ho introdotto e forse in parte compreso che vi sono relazioni “dinamiche” che non possiamo escludere anche in ambito di “medicina clinica”; l’osteopatia può portare un elemento clinico in più ? ma io spero di si! e soprattutto spero che serva per risolvere il “problema” del paziente.

Diagnosi senza terapia, clinica senza diagnosi sono parole vuote a mio parere. Avete mai visitato pazienti che vi portano esami di laboratorio, diagnostici strumentali o per immagine raccolti in 4-5-6-7 anni?? per un dolore o sintomo mai risolto od ancor peggio correlato con tutte quelle indagini?

Anche il prossimo lavoro (classified), i cui dati se confermati porteranno ad aggiungere una oggettivazione seria e concreta contribuendo al confronto tra osteopatia e medicina, parte da una visione “bastarda”, meticcia e trovata ironicamente per “curare la mia schizofrenia professionale”, come dico sempre all’esordio del mio corso. La visione osteopatica ha aperto e dato risposta alle mie mille domande che in questi 25 anni  hanno affollato la mia testa.

Ma differente è usare ad esempio l’ecografia per fare una diagnosi ad esempio di “fissazione” renale destra in paziente con LBP e indirizzarlo verso un trattamento osteopatico viscerale e differente è “vediamo se ti trovo una disfunzione ostoepatica con la palpazione e me la confermo con l’ecografia!”…in futuro spererei che un medico, un osteopata, un clinico, un terapeuta, mi chiedesse, ci chiedesse, se in quel paziente l’algia lombare sia strutturale, fasciale o riflessa.

Allora potrò dire di avere vinto una scommessa e di avere fatto onore, nel mio microcosmo, al Dott. Still.

Grazie

Alla prossima lettura allora…

 

Chiedo scusa se ho usato troppo spesso il termine di diagnosi, malattia e guarigione che appartengono alla medicina e non all’osteopatia…d a v v e r o ??????

DBo

*”La cosa importante è non smettere mai di porsi domande. La curiosità ha le sue buone ragioni di esistere. Non si può che restare sgomenti, quando si contemplano i misteri dell’eternità,  della vita, della meravigliosa struttura della realtà. E’ sufficiente cercare solo di capire solo un po’ di questo mistero ogni giorno. Mai perdere il gusto di una sacra curiosità.” A. Einstein