,

Il Cyrano osteopatico: L’osservazione chirurgica in osteopatia (1a parte)

Questa che seguono sono alcune annotazioni e alcune parti estratte da una mia lezione  dal titolo “La chirurgia osteopatica”. Questa lezione era nata con l’intento di rendere chiari e il più comprensibile possibile gli accessi chirurgici addominali. È chiaro che risulta “datata” visto che ultimamente l’approccio chirurgico più diffuso è quello laparoscopica. Rimangono però ancora ampi margini per incontrare cicatrici chirurgiche addominali ed in particolare con la più diffusa, anche attualmente, cioè la cicatrice in regione inguinale per l’intervento di plastica del canale inguinale per ernia.

Verranno anche spiegate la cicatrici chirurgiche laparotomiche più note, cioè quella xifo-ombelicale e ombelico-pubica. In ultimo quella sotto-costale destra, utilizzata in passato ma talvolta anche ora, per avere un accesso diretto al fegato e alle vie biliari.

Buona lettura

La chirurgia osteopatica

sia nelle ferite chirurgiche che nelle ferite occidentali possiamo avere la “guarigione”. In virtù delle migliori condizioni locali della ferita chirurgica (incisione) guarisce di “prima intenzione”.

Nella guarigione per prima intenzione la struttura avvicina i lembi della ferita permettendo uno stretto e sottile strato di tessuto di granulazione. L’unione avviene rapidamente con la formazione di una sottile o minima cicatrice.

Si distinguono tre fasi:

  • Fase precoce (0-3 giorni) detta fase infiammatoria. La decisione è di tipo fibrinogeno e solo sui margini. La tenuta della ferita dipende solo dalla struttura. La deiscenza della ferita è il risultato di una tecnica chirurgica insufficiente.
  • Fase proliferativa (3 giorni-3 settimane)

La tenuta della densità della ferita proseguono con la formazione di tessuto di granulazione e con fibre collagene. La forza tenso-elastica della ferita aumenta rapidamente: fibroplasia.

  • Fase di rimodellamento (3 settimane-1 anno)

c’è un continuo riorientamento di maturazione delle fibre collagene. Dopo un anno il 70% o più del tessuto originario viene riottenuto.

C’è da segnalare che mai nessuna ferita però è così forte come il tessuto originario.

Nella Guarigione per seconda intenzione la ferita si determina a causa della distruzione di tessuto (per esempio necrosi, traumi, infezioni, ecc) e di elastina. Questo difetto o “soluzione di continuo” viene riempita inizialmente da un coagulo ematico che forma una crosta superficiale.

Al di sotto di questa “crosta”, nelle ferite piccole e non infette, ha inizio a partire dai margini la riepitelizzazione.

La crosta, ma mano che la guarigione prosegue, viene sollevata dai margini periferici verso il centro sino alla sua caduta.

Nelle ferite di più ampia superficie è più facilmente visibile la crescita dell’epitelio. La riparazione della ferita progredisce dalla profondità verso la superficie e dalla periferia al centro, determinandosi una proliferazione di capillari (neoangiogenesi) oltre che di fibroblasti per formare collagene, ciò determina un aspetto rugoso noto come tessuto di granulazione.

La fusione della ferita ha inizio dalla base. Alcuni fibroblasti, differenziatisi in mioblasti, iniziano a contrarsi determinando la riduzione della ferita.

Questi cambiamenti sono accompagnati dalla migrazione di cellule epiteliali squamose : processo noto con il nome di “riepitelizzazione”. Una volta che la pelle copre completamente la zona, lo stimolo ad ulteriore formazione di tessuto di granulazione cessa e il risultato finale è il tessuto cicatriziale.

L’80% della riparazione per chiusura di una ferita o soluzioni di continuità dell’epitelio è dipendente dalla contrazione dei mioblasti  e non dalla riepitelizzazione.

La differenza tra la guarigione di prima è quella di seconda intenzione è pertanto di tipo quantitativo. Vi sono “fattori” che influenzano il risultato finale: locali e generali

Fattori locali che possono complicare la guarigione:

  1. contaminazione batterica,
  2. infezioni,
  3. presenza di  corpi estranei,
  4. scarsa vascolarizzazione (post-traumatica o da eccessiva cauterizzazione),
  5. tensione,
  6. edema

Fattori generali ritardanti la guarigione

  1. età avanzata,
  2. deficienze nutrizionali (bit. C e K, ipoproteinemia, deficienza di Zn),
  3. terapia con steroidi (p.e. cortisone per lungo periodo),
  4. diabete mellito scarsamente controllato dalla dieta e dalle terapia,
  5. patologie renali (sd. nefrosica o insufficienza renale cronica),
  6. pazienti con anamnesi di CHT e RT pregressa o in corso

Perché potrebbe esserci interesse per queste precedenti note e per quelle che seguiranno nel prossimo post?

  1. comprendere i tipi di intervento per poter “operare” da osteopati sapendo le problematiche connesse all’intervento che ha subito il nostro paziente
  2. comprendere negli quali strutture sono state interessante dal taglio chirurgico, non solo superficiali ma anche “profonde” (mesi, legamenti, fasce in genere)

 

(segue al 2)